VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d’Italia
VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d’Italia
Salsomaggiore Terme, 27 – 29 maggio 2016
IL SUCCESSO DELL’ORDINE IMPERFETTO
IL SUCCESSO DI UN ORDINE IMPERFETTO
Erminio Longhini
Carissime amiche e carissimi amici !
Ricevo oggi ancora una volta il dono di essere con voi.
Il numero della vecchia guardia si fa sempre più esiguo, ma chi ci ha lasciati è sempre presente nel nostro ricordo e grande è la fiducia nella loro protezione.
Il titolo scelto per questa Conferenza mi ha scosso profondamente, ma ha fatto riemergere tanti ricordi, entusiasmi, anche momenti di preoccupazione in questi quaranta anni di vita in questi giorni ho sentito la necessità di rileggere e meditare il bellissimo libro della Bibbia Qoèlet, e vi auguro di trovare qualche ora per poterlo fare anche voi.
«Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità»
sono le sue incontestabili e incontrovertibili affermazioni, che però culminano nella conclusione «Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo» e ancora, ho sentito il desiderio di rileggere il versetto del Magnificat «L'anima mia magnifica il Signore ed il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore, Il nostro volontariato ha origine in una piccola (così almeno sembrava a noi) ricerca in collaborazione con l’Istituto di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano in 40 ospedali lombardi, che ci portò a scoprire che il disagio maggiore del malato – a parte quello inerente alla malattia – era la solitudine legata alla ridotta autonomia, e da qui la necessità di trovare una terapia della solitudine del malato. Nasce una iniziativa circoscritta nelle intenzioni, ma che nei fatti diviene rapidamente una orda benefica anche se un poco disordinata. Segue un periodo di opportuno inquadramento, per giungere poi ad una terza fase nella quale si sono poste le fondamenta sulla roccia della casa del nostro volontariato per una sua esistenza futura che garantisse efficacia, adeguamento all'evoluzione dei tempi e della società.
Ciò che sembrava una piccola iniziativa diviene inaspettatamente evento profetico, base per una visione di Ospedale "aperto" alla società ed in cammino per divenire la città del malato. Il “disordine” diviene unità dei diversi e somma dei talenti distribuiti in ciascuno. L'obbedienza al Vangelo presente dal primo Statuto e sempre conservata, si abbina ad una apertura ad ogni uomo di buona volontà che condivida gli stessi intendimenti, e diventa, in altre parole, ecumenismo. perché ha guardato all'umiltà della Sua serva» In tutto ciò si rivela l'Opera dello Spirito Santo, come mi fu del resto confermato dai miei cari Arcivescovi Giovanni Colombo e Carlo Maria Martini, e da Sua Santità Giovanni Paolo II in una indimenticabile Udienza riservata all'AVO nell'aula Paolo VI. La meditazione sui due testi biblici cui prima accennavo, ci fa capire che la persona umana è il capolavoro della creazione, ma che la superbia l'ha allontanata da Dio: così la creatura umana ha rivelato tutta la sua fragilità, la necessità di un cammino lungo, faticoso e addirittura incolmabile in questa vita, in cui tutto viene minacciato dall’imperfezione, dalla confusione nel linguaggio, dalle convinzioni minate dalle tentazioni che spingono l'io verso il prevalere, il soggiogare, il seguire idoli. Da questo la fatica a comprendersi nella ricerca della verità.
Di Dio non conosceremo mai tutto: possiamo conoscere soltanto ciò che ha voluto rivelarci mandando suo Figlio ad assumere la nostra natura. In altre parole, l'essenza per raggiungere la verità è la Fede e con essa la Speranza e la Misericordia. Tanti esempi ci sono dati dalla Sacra Scrittura: la partenza di Abramo, che lascia tutti i suoi beni per incamminarsi verso l’ignoto, la Terra promessa, e di nuovo Abramo che perl’obbedienza al Signore è pronto a sacrificare il figlio Isacco, e poi l’episodio di Mosè sul Sinai. Ma fondamentale è il "fiat" pronunciato da Maria che, accogliendo nel suo seno il Cristo incarnato, è divenuta l’anello di congiunzione della Trinità con l’Umanità, e ci ha aperto le porte della salvezza. Ricordo inoltre le parole di Gesù in alcuni significativi episodi: Gesù è ospite a Betania in casa dell’amico Lazzaro e delle sorelle Marta e Maria; Marta appare indaffaratissima nei preparativi, e un po’ irritata perché Maria non l’aiuta e resta in silenzio ad ascoltare il Maestro. E allora Gesù dice: «Marta, Marta, tu sei ansiosa e ti preoccupi di molte cose. Ma solo alcune cose sono necessarie, o una sola. Dal canto suo, Maria ha scelto la parte buona, e non le sarà tolta». Prima del suo sacrificio, Gesù dà il suo nuovo comandamento: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati», e ancora l’episodio della pesca miracolosa quando ordina a Simone «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca», e infine il perdono di Gesù in croce: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». In conclusione: per costruire la casa AVO sulla roccia la via da percorrere è l'amore.
Vorrei a questo punto fare una precisazione: è cosa buona fare atti d'amore, ma il passo decisivo è "essere amore". Gesù non chiede ai passanti nella parabola del Samaritano chi è il prossimo, ma lo chiede al povero ferito. "Essere amore" con il dono di sé nel servizio concepito come mezzo affinché il rapporto con l'ammalato diventi preghiera comunitaria per ottenere la grazia della reciprocità, farmaco per la cura della solitudine del malato.
Con nel cuore questa fede, per costruire la nostra casa AVO sulla roccia dobbiamo cercare di vivere più intensamente l'Associazione, meditare insieme, discernere, cioè esporre il proprio pensiero, ma prima ancora imparare ad ascoltare quello dell'altro in modo che le decisioni siano frutto dell'Unità. Sarebbe opportuno avere momenti di vita comunitaria a fine culturale, per condividere momenti di gioia e di festa e così conoscersi sempre più intimamente.
Un altro pilastro fondamentale è la ricerca nel suo vero significato: originalità nello scoprire nuove necessità e povertà. Senza ricerca si invecchia, si apre la via all'abitudine, alla noia, al senso di inutilità e talvolta all'abbandono dell'attività. Il problema non è semplice perché richiede collaborazione con esperti, non necessariamente coinvolgibili come volontari ma persone disponibili a donare le loro competenze. Ed è bene mantenere con essi relazioni cordiali, dare VIII Conferenza dei Presidenti delle AVO d’Italia ◊ 27 – 29 maggio 2016 loro riscontro dei progressi compiuti e mostrare riconoscenza. Solo così si rimane adeguati ai tempi in rapida evoluzione, senza perdere nulla del dono dell'ispirazione inizialmente ricevuta.
Un terzo pilastro è il coinvolgimento di sempre più numerosi giovani, che sentano il desiderio di partecipare al cammino verso il Bene Comune. Anche in questo caso è necessario partire da una fase di aggregazione, di lieta amicizia. Ai giovani si possono donare consigli, ma concedendo la possibilità di sviluppare la loro creatività ed inventiva senza imporre schemi per noi abitualmente in uso, avviandoli invece al servizio con un accompagnamento fraterno.
È opportuno, infine, coltivare rapporti con altre Associazioni di volontariato nel mondo della sanità, così come con le Direzioni Sanitarie e le Amministrazioni delle strutture, in modo da concordare modalità pratiche di partecipazione, precisare reciproche attese e – sempre con amore – comunicare i disagi evitabili dei malati. Non devono essere le regole per l'uomo, ma l'uomo per le regole.
Il nostro fine è sempre stato essere terapia della solitudine del malato con l'ascolto, la vicinanza affettiva. Il successo dell'ordine imperfetto non è opera del nostro operare ma è opera dello Spirito Santo in risposta al nostro "essere amore". Tante cose si sono ripetute ma questo è un bene. Quando tutto procede bene anche le preghiere quotidiane sembrano ripetitive, ma in verità rafforzano la nostra volontà di consolare e confortare. Non vi è uno schema valido preordinato, perché ogni malato è diverso e quindi richiede modi diversi di approccio e di conoscenza. L'essere volontario AVO è un'arte e non uno standard.
Il mio augurio è che sempre perseveriate nella realizzazione del vostro servizio presso i sofferenti, e vi voglio lasciare con una immagine facile da ricordare e adatta a chiarire il titolo del nostro discorso. Dio è un sempiterno fuoco che, crepitando, lancia scintille che si consumano propagando il Suo fuoco e la Sua luce. Questo è “essere Amore”, non il credere di essere gli autori della scintilla perché ciò sarebbe fare di sé un idolo destinato a finire.
del 07/06/2016